Ciao a tutti e bentrovati su PARALLELO!
Il passaggio da newsletter settimanale a ormai bimestrale è stato subdolo, lo ammetto. In maniera del tutto non intenzionale mi sono trovato con molto molto meno tempo a disposizione per scrivere - e onestamente anche voglia, dopo i tragici eventi di fine febbraio.
Visto che però di musica ne ascolto sempre troppa, adesso mi è venuta propria voglia di rant che covo da un po’. Un’intervista di settima scorsa - Fibra a TRX, disco metà buono tra l’altro - mi ha riaperto questa ferita e quindi mi pareva giusto scriverne a voi.
Partiamo subito: sono mesi che non sento una produzione in un disco rap italiano che mi piace parecchio. E ancora: tutti i dischi dei cosiddetti big “suonano” uguali; ci sono gli stessi feat, gli stessi producer, non si mischiano etichette.
Facciamo che come riferimento temporale ci settimo sul 2021/2022.
Seriamente mi pare di ascoltare dischi di plastica. Noyz, Paky (su cui avevo aspettative decenti), Sick Luke, J Lord, il secondo di Gué dell’anno (decisamente il meno peggio), Rasty Kilo, un po’ meno Marracash - se ho dimenticato qualcuno, genuinamente non fatto a posta. Ci si è presa la “borsa” e ci si siede sugli stessi suoni, gli stessi format, lo stesso stile impersonale. Si tenta la strada del produttore in voga al momento, oggi Drillionaire ieri Andry the Hitmaker, che più che talento mi sembra sia amico un po’ di tutti e basta a non dare fastidio a nessun management.
Sia chiaro, il problema per me non sta quasi mai nei testi o nelle intenzioni, anzi. Su quelli, in questa puntata, non ho niente da dire e non mi ci avvicino nemmeno.
Non dirò mai che è questione di mancanza di originalità da parte dei rapper, perché sono abbastanza sicuro non sia così. Sicuramente i rapper citati prima hanno dei gusti decisamente più fini degli stessi beat blandi che gli vengono rifilati per le release di album per cui sono stati investiti parecchi soldi.
Voglio bene sperare che almeno chi accompagna i rapper nello sviluppo dei dischi sappia cosa succede negli USA, perché i suoni di Michigan e LA sono tornati così in voga o sappia la differenza tra un produttore innovativo come M1OnTheBeat e uno che fa solo brutte copie come NKO.
Tutte le scene rap che seguo (USA, UK e FR) sono decisamente più sane di quella italiana e soprattutto quando si raggiunge il punto di saturazione in una direzione ci si divincola abbastanza velocemente con una soluzione o nuovo trend - l’evoluzione della drill è abbastanza utile come caso.
Io però sto continuando a fare lo sforzo di sentire tutte le principali uscite italiane - mi manca Bresh, che mi pare vada forte, ma consigliate se avete qualcosa che meriti - senza la scintilla che vorrei. Ecco perché accompagno questo devastante grigiume con qualcosa di diverso, di bello.
In generale, sempre meglio non solo distruggere ma provare a ricostruire nello stesso frangente. Vi lascio gli album che quasi istantaneamente compaiono sul mio player di Spotify negli ultimi mesi dopo un ennesimo venerdì passato ad ascoltare “Diegoo” all’inizio di un pezzo rap italiano.
Gli album proposti sono volutamente tutti francesi e usciti quasi una settimana dopo l’altra e appartenenti ad un gruppo anche abbastanza ristretto di persone, insomma: non si deve fare un giro enorme per trovare un beat diverso.
Decisamente il miglior disco, per distacco, uscito quest’anno. Dietro questo tape, ci sono evidentemente persone che danno valore al rischio e un po’ meno allo sfondare nel mainstream. Assolutamente a caso, ci trovi 808Melo che dopo un giro a Parigi sarà rimasto folgorato dal flow di BU$HI e dalla voglia di fare pezzi come PHEN.
Credo di aver letto su L’Ultimo Uomo, una quantità di tempo indefinita fa, dell’espressione “peso della palla” riferito a come un centrocampista della Roma (mi pare Villar) si imepegnasse pure nei compiti di regia, ma nei suoi passaggi mancava qualcosa - per ricoprire quel ruolo. Non troppo lunghi o storti, ma nel come arrivavano ai compagni. Osirus Jack c’ha il giusto “peso della voce” per fare il rapper, come piace a me. Non sta tanto nella profondità della voce o nel flow, ma lo senti quando rappa. Ogni parola ti arriva con la forza giusta. E Nouvelle Ere è fondamentalmente un grande display di come anche delle produzioni minimal fanno il loro signor mestiere.
C’è chi ascolta rap USA e non lo nega nei dischi che fa. Questo terzo volume della serie del rapper di Lione è quella più riuscita perché si vede una via tracciata. Prendi Maybach Phantom con Freeze o 24/7: il tipo ci sa fare con le melodie nei ritornelli e ci spinge. Le spruzzate di nuovo sound di LA sono quella ricerca che mi piacerebbe trovare anche altrove. Capisco che ti piace, mi incuriosisci.
Spero tutto questo abbia un senso, poi mi dite. Io vado che sono stanco e ho il salmone in forno :)
Grazie!